LE ORIGINI DELLA FESTA
La tradizione millenaria della festa di Primavera e della fertilità
CANTAMAGGIO TERNANO GLI EVENTI, LA STORIA, LE LEGGENDE!
Festival della musica e canzone ternana Cantamaggio e RicantaMaggio tra Folk e Pop... tutte le musiche della città, d'Italia e d'Europa per una festa dalle origine millenarie. Sfilata di Carri allegorici, gli unici illuminati e visibili in notturna in Europa. Concorso di Poesie in vernacolo, degustazioni, l'arte del buon cibo e della buona cucina ternana considerata tra le più buone d'Italia!
Cosa aspetti a venire in Umbria? Cosa aspetti a scoprire Terni e le sue bellezze!?
IL CICLO DEL MAGGIO
Il ciclo del Maggio
L'Umbria sembra mantenere in funzione tutti quei rituali che tendono a concentrarsi nel momento di passaggio tra aprle e maggio e che prevedono, schematicamente: il taglio, in un'area boschiva più o meno contigua al centro abitato, di un alto albero - generalmente un pioppo - eseguito secondo regole stabilite da gruppi di maschi; il suo trasporto, mediante mezzi ritenuti localmente appropriati, nel luogo simbolicamente centrale della comunità; il suo innalzamento dopo operazioni di decorticazione, rifinatura e allestimento, diversi da luogo a luogo.
Il rituale qui descritto nei suoi aspetti essenziali è largamento diffuso non solo in Italia, ma in quasi tutta Europa, pur presentando ampi spettri variabili localmente connotate.
Ma se in Umbria il Piantamaggio viene effettuato ancora a Preci, Ancarano, Campi, Corone, Castelvecchio, San Pellegrino, la trasposizione del rituale rurale in rituale urbano ha trasformato gli alberi in vere e proprie macchine da alzare nel caso dei Ceri di Gubbio, con un nuovo orizzonte sacro e nuove modalità esecutive che hanno trasformato il rito dell'innalzamento dell'albero in una vera e propria processione dei santi posizionati sopra gli alberi - macchine.
Un'altra tipologia di rituale presente nella nostra regione all'interno del ciclo del maggio fa riferimento a macchine processionali effimere composte da tronchi d'albero opportunamente lavorati e farciti di materiale infiammabile in modo da costituire delle grandi torce, incendiate nel corso di feste appartenenti al calendario liturgico. A seconda delle località, presentano modalità di preparazioe diverse e diverse denominazioni: intusse di Itlieli, fuochi di Canalicchio (Collazzone).
Altri rituali, largamente diffusi in area europea e presenti nel ciclio di maggio nella nostra regione, consistono nella traslazione individuale o collettiva, da parte di giovani maschi celibi, di frasche - fiorite oppure adorne di fettucce colorate cariche di primizie stagionali, preparazioni alimentari, oggetti di vestiario - da collocarsi di fronte alle abitazioni di giovanni donne nubili.
L'usanza di accompagnare simili presenti con canti rituali collega il rito della frasca a un altro rituale piuttosto diffuso nella nostra regione. Si tratta piuttosto diffuso nella nostra regione. Si tratta del Cantamaggio eseguito nella notte tra il trenta aprile e il primo maggio da comitive ambulanti, generalmente maschili, che compiono giri di questua, frmandosi di casa in casa per cantare il maggio, una sequenza di stornelli a saltarello con i quali, dopo aver richiesto la tradizionale licenza di cantare, annunciavano l'arrivo del nuovo mese, ricevendo in cambio cibarie (in genere uova).
Elemento caratteristico e identificativo delle comitive di questua è il maggio, un alberello fiorito trasportato da uno dei maggerini.
Attualmente, in molte località dell'Umbria si assiste a diverse forme di ripresa della tradizione del cantare maggio: nel 2011 sono stati censiti da Sonidumbra una quarantina di gruppi spontanei. Ma se le zone particolarmente attive sono tutte concentrate nella provincia di Perugia, a Terni il Cantamaggio si è trasformato , con i carri che da oggetto di trasporto sono diventati soggetto della festa.
Il rinnovamento del cantamaggio riparte allora dalla musica come elemento fondante da un rito dinamico aperto alla partecipazione attiva di musicisti, cantnati, artisti di ogni disciplina per un nuovo progetto condiviso da un numero sempre maggiore di persone.
Umbria Tradizioni in cammino - Marco Baccarelli
FURIO MISELLI INVENTA IL CANTAMAGGIO
La comitiva dei suonatori, l'arborettu e le canzoni
Furio Miselli nasce il 18 gennaio del 1868 nel cuore della ‘vecchia’ Terni e abita nella prima parte della sua vita nel rione San Marco a pochi passi da Piazza dell’Olmo. Alla fine degli anni ’80, Miselli, giovane impiegato del Dazio, dal suo posto di lavoro, fu costretto a veder scomparire i campi e crescere, al loro posto, la nuova città. Inizia così a comporre poesie così gradite da venir pubblicate con riguardo sui fogli locali. Si appassiona alla musica al punto di smettere i panni dell’impiegato per studiare canto lirico a Terni e a Roma, esibendosi con alterni risultati nei teatri di Padova e della sua città.
Miselli nel 1896 ebbe l'idea di risvegliare alla cultura popolare e folcloristica la città.
La notte del 30 aprile 1896 si improvvisa animatore di una ‘cumitia’ fiancheggiato dagli amici Pietro Ronconi, Alessandro Turreni e Giuseppe Trinchi: occasione che da vita al ‘Cantamaggio’.
Miselli inventa il Cantamaggio e con amici suonatori e cantanti muniti di albero e carretto, iniziò a cantare il maggio per le campagne. Con gli anni, il Cantamaggio di Sborbottu cominciò a coinvolgere differenti strati sociali.
In seguito allo struggimento per la morte della madre prende domicilio a Ferentillo: qui amministra i beni del principe Montholon e mette su famiglia con la ferentillese Teresa Trionfetti. Nel 1905 trova impiego stabile in città come insegnante di canto corale (presso l’Istituto musicale Briccialdi). Fa il pendolare in condizioni disagevoli, finché non arriva il collegamento tramviario Terni-Ferentillo (5 settembre 1909). Nel primo dopoguerra si sviluppano importanti sodalizi e gruppi, e Terni trova ancora in Miselli il suo personaggio più carismatico: con lui prende forma il cosiddetto ‘branchittu’, una sorta di ‘cumitia’ del verso scritto, che si raccoglie intorno a uno dei principali focolai di produzione dialettale della regione. Nel 1921 fonda insieme a Fulgenzio Proietti, il periodico ‘Sborbottu’, giornale «dialettale, umoristico, letterario» che «scappa quanno ji pare». Il tema principale è quello del rimpianto per la ‘Terni che fu’: la fabbrica è l’oggetto indicibile, causa della fine dell’innocenza e insieme causa del risveglio cittadino, ferita nel tessuto urbano e linfa nuova della città. Essa praticamente non compare nella poesia di Miselli, eppure quando ne parla non può fare a meno di esaltarla come un vanto ternano.
Disciplinato, a partire dal 1927, dal dopolavoro fascista che introdusse la competizione tra carri e il concorso canoro, nel 1929 la comitiva di Fulgenzio Proietti sostituì il carretto con un camion e attraversò la città, spostando, con l'approvazione delle autorità, il baricentro della manifestazione. Negli anni trenta, fulcro della festa divenne il Palazzone di Viale Brin, edificio operaio costruito nel 1886, passato alla Società Terni nel 1922. Progressivamente, il Cantamaggio venne incorporato anche nella tradizione storica del movimento operaio.
Miselli, tra l’affetto dei suoi famigliari e dei suoi amici, muore a Ferentillo l’8 giugno del 1949 dove è ancora oggi sepolto.
I CARRI DI MAGGIO E IL PIANTAMAGGIO
Li carri de maggiu e lu piantamaggiu
Come da un arburittu (Dialetto ternano: L'alberello di maggio) collocato su un carretto di legno si sia arrivati a delle gigantesche installazioni su ruote è storia tutta locale. Espressione di una cultura antica, sul carro di maggio i valori della natura e dell'uomo si fondon o con l'esperienza centenaria del lavoro nella fabbrica.
L'Umbria mantiene ancora oggi in funzione molti rituali che tendono a concentrarsi nel momento di passaggio tra aprile e maggio e che vedono protagonisti gli alberi. Un più ristretto gruppo prevedeva la ccostruzione di grandi torce ricavate da tronchi opportunamente lavorati e incendiati in suggestive processioni notturne; le intusse di Itieli (Narni), i fuochi di Canalicchio (Collazzpne). Il gruppo più numeroso è invece quello dei cosiddetti Piantamaggio, che prevedono come nucleo fondante il taglio di un alto albero, il suo trasporto, la decorticazione, l'allestimento e il suo innalzamento nel luogo centrale della comunità inserendolo in una profonda buca praticata per l'occasione nel terreno. I mderni studi demoetnoantropologici intorno al Piantamaggio, hanno gettato nuova luce anche su ino dei riti religiosi più antichi ed importanti della nostra regione: la Corsa dei Ceri di Gubbio, nella quale il rituale arboreo si arricchisce di un nuovo orizzone sacro e di nuove modalità esecutive che hanno trasformato il rito dell'innalzamento dell'albero in una processione di santi posizionati sopra gli alberi, diventati delle vere e proprie macchine rituali.
Un altro gruppo di rituali ed è quello tramandato dal CANTAMAGGIO TERNANO prevedeva il trasporto di casa in casa di una frasca, cioè di un ramo delle dimensioni maggiori possibili, che veniva posto dai maggialioli di fronte alle abitazioni di giovani donne nubili in una sorta di "piantamaggio portatile".
Quando la comitiva era giunta di fronte alla casa prescelta, chiedeva licenza di cantare ed eseguiva canti propiziatori e di questua a ritmo di saltarello che prendevano il nome di Cantamaggio: da qui partì Furio Miselli nel 1896 per l'istituzione di quello che verrà chiamato Cantamaggio ternano. Trasferiti in città, la FRASCA e i canti sono saliti su un carretto che, col tempo, grazie alle maestrie artigianali e industriali del nostro territortio, da oggetto di trasporto è diventatio il soggetto della festa: ecco dunque il carro di maggio come lo conosciamo.
LE ORIGINI DELLA FESTA
Le origini della Festa
Nell'antica Roma erano i Ludi Florales o Floralia, celebrati il 28 aprile al 3 maggio in onore di Flora, antica dea italica della vegetazione in fiore. La notte del primo maggio era sacra a Bona Dea a cui i misteri non erano ammessi gli uomini, mentre il giorno dopo si celebrava Maia, dea della terra che nutre gli uomini. La festa, impudica e gioiosa, comprendeva spettacoli teatrali e cacce ad animali mansueti, offerti in premio alle cortigiane vincitrici di leziose gare di corse e combattimenti.
In Europa, la notte del 30 aprile i Celti festeggiavano Beltrane, momento particolare dell'anno in cui era possibile entrare in contatto con il regno degli spiriti e quello delle fate. Ma Beltane era in primo luogo la festa sacerdotale del fuoco acro e dei riti di fertilità su cui vegliava la Dea Madre che domniava allo stesso tempo il destino dei semi e quello dei morti ed era perciò venerata la dea della morte e della rigenerazione.
In Germania e nei PAesi scandinavi la nottre del 30 aprile era la notte di Valpurga, tenebra in cui agivano demoni e streghe e nel crepitio dei fuochi la dea incontrava il dio, fecondando così la terra.
In Italia, già dal '300, l'inizio della bella stagione era celebrato con tornei del vincitore, personificazione del triofano della luce sulle tenebre, otteneva il diritto di sposare la damigella per cui si era battuto. Era il calendimaggio, una tradizione viva ancor oggi in molte regioni come allegoria della rinascita.
In molti località europee, intanto, si formavano comitive di giovani che giravano per i villaggi cantnado stornelli e augurando la buona fortuna. Rami e fiori venivano portati dai boschi la mattina di Beltane per decorare porte e finestre o per fabbricare ghirlande da offrire in giro per le strade, chiedendo in cambio una ricompensa.
Nei paesi anglofoni, il simbolo della festa della primavera era l'albero o il palo piantato nelle pazze dei villaggi e adornato di nastri multicolori, e se ancora oggi in Gran Bretagna si celebra il May DAy con carri, danze, parate e incoronazioni di re e regine di maggio, in cornovaglia un uomo-cavallo fa il giro del villaggio molestando le fanciulle: è Obby Oss.
In Spagna nei primi giorni di maggio, è la festa della Santa Croce l'occasione per celebrare la primavera, mescolando il sacro con il profano nella corsa dei caballos del vino.
In Francia e in Svizzera, la notte del 30 aprile sfilano carri addobbati di rami fioriti e si danza intorno all'albero di maggio intrecciando destini: è il Feuillu.
A Terni era la notte del 30 aprile 1896 quando una comitiva di amici capitanati dal poeta Fulrio Miselli si avviò per le campagne dicendosi decisa a rifondare le antiche usanze.
Portavano appresso un ramo fiorito ornato di lanterne, un maggio luminoso da piantar nell'aia dei casolari presso i quali si sarebbero fermati a cantare. Con gli anni le comitive dei maggiaioli si moltiplicarono. Quell'arburittu fu presto collocato su un carretto, poi su un carro che dalle campagne si trasferì in città. I carri di maggio presero a competere tra loro in bellezza; con il progresso divennero sempre più sofisticati. Puntualmente salutati ogni 30 aprile della città in festa, con loro la magia di un'antica notte di primavera. È il Cantamaggio ternano.
Che piova o ci sia il sole, c'è!
IL TERRITORIO
TERNI e l'Umbria il paradiso è qui
Terni città
Situata nella parte sud-orientale dell'Umbria, Terni si distende in una vasta pianura alla confluenza del fiume Serra con il fiume Nera, circondata da un anfiteatro di colli. A partire dalla seconda metà dell'800 la città fu partecipe, tra le prime in Italia, di quella rivoluzione industriale che le ha valso l'appellativo di "Manchester italiana", grazie all'enorme fonte di energia delle Cascate delle Marmore.
STORIA
Di origini antichissime, pre-romana, la città di Terni, posta in una pianura alluvionale tra il fiume Nera e il torrente Serra, vide il suo territorio abitato in modo stanziale non prima dell'Età del rame, a cui risalgono un fondo di capanna e materiale ceramico con le caratteristiche tipologiche della cultura di Conelle-Ortucchio, scoperti al di sotto di alcune sepolture della più tarda necropoli delle Acciaierie. Anche durante la media Età del bronzo gruppi umani, portatori della cosiddetta Civiltà Appenninica. La presenza umana più significativa, però, è datata al X secolo a.C., cioè all'inizio dell'Età del Ferro.
Il gruppo sociale che ha utilizzato il territorio della conca ternana diventa più variegato nel periodo tra l'VIII° Secolo A.C. e il IV° secolo A.C..
Sembra un popolo portato al commercio con scambio di manufatti anche a lunga distanza con gerarchia capace di produrre eccedenze alimentari con attività agricole e allevamento. In alcuni casi oltre che guerriera anche in rado di accumulare ricchezza.
Dalle tavole Eugubine si riesce a far risalire alcune informazioni sulla popolazione denominata Naharti di probabile origine indoeuropeo di substrato più antico che aveva una forte connotazione conservatrice. I Naharti fondarono la città nel 672 a.C., come si evince da un'iscrizione latina di età tiberiana.
Confinanti con Etruschi e Piceni con la fase di grande crescita del territorio dopo l'annessione a Roma i guerrieri Naharti della legione romana erano considerati una guarnigione militare molto forte e connotata.
Il territorio fu un importante municipio romano col nome di "Interamna Nahartium" ("terra tra due fiumi", il Nera ed il Serra), come testimoniano i resti dell'Anfiteatro Fausto che poteva contenere fino a 10000 spettatori: fu la patria, tra gli altri, dell'imperatore Marco Claudio Tacito e dello scrittore Cornelio Tacito.
Con i Romani visse un periodo di pace e prosperità grazie anche a grandi opere di bonifica delle aree paludose ed allo sviluppo di una fiorente agricoltura.
A partire dal VI secolo Terni, che era già divenuta cristiana per opera del suo protettore e vescovo Valentino, venne assalita e distrutta dai Goti e dai Bizantini, ai quali subentrarono i Longobardi (755 d. C.) che inserirono Terni nel Ducato di Spoleto. Nel 1159 fu sottomessa e distrutta da Federico Barbarossa e presto ricostruita.
Entrata più volte nell'orbita di Chiesa e Impero, dopo secoli di lotte fra fazioni, guerre con le città vicine e signorie esterne, dal 1420 entrò a far parte dello Stato Pontificio, sotto il cui fu dominio, fatta eccezione per il periodo napoleonico, rimase fino al 1860.
Nuova linfa alla città arriva con la rivoluzione industriale e il boom demografico.
ARTE, CULTURA, AMBIENTE
L'attuale assetto urbanistico e architettonico, prevalentemente moderno e dinamico, è frutto in gran parte degli interventi di ricostruzione effettuati dalla metà degli anni '50 dopo i pesanti bombardamenti subiti durante la seconda guerra mondiale.
Oggi la città si presenta al visitatore con un aspetto decisamente moderno, anche se sono ancora visibili molte testimonianze del passato, come i resti dell' Anfiteatro, l'edificio per spettacoli realizzato nei primi decenni del I secolo d.C., apprezzabile in tutto il suo perimetro.
Tra gli edifici religiosi la chiesa di San Francesco, duecentesca, con la cappella Paradisi affrescata dal folignate Bartolomeo di Tommaso (circa metà XV secolo) e il bel campanile di Angelo da Orvieto, ornato da bifore e quadrifore gotiche, il Duomo, originariamente del VI secolo e poi riedificato nel XVII su progetto del Bernini, l'antica chiesa di Sant'Alò, piccolo gioiello romanico, di San Salvatore, sorta probabilmente su un preesistente Tempio del Sole di epoca romana, San Lorenzo e la chiesa di San Pietro, con un'interessante struttura absidale e il chiostro.
Molti i palazzi di pregio, tra i quali meritano palazzo Spada, sede del Comune, edificato verso la metà del Cinquecento dal conte Michelangelo Spada su progetto di Antonio Sangallo il Giovane, palazzo Mazzancolli, di epoca medievale, sede dell'Archivio di Stato di Terni.
Notevoli i siti ed i monumenti dell'archeologia industriale, un itinerario singolare tra fabbriche e impianti dismessi oggetto di un articolato progetto di recupero: tra gli esempi si segnalano la Grande Pressa idraulica, usata per la lavorazione dell'acciaio, posta di fronte alla Stazione ferroviaria, e lo stabilimento di Papigno, convertito in studios cinematografici.
Terni è molto interessante anche per la sua architettura moderna: agli architetti Mario Ridolfi e Mario Fagiolo si deve piazza Tacito con la grandiosa fontana, corso del Popolo e largo villa Glori, mentre ad Arnaldo Pomodoro si deve l'opera Lancia di Luce, obelisco a base triangolare, un gigante di 105 tonnellate di acciaio divisa in quattro sezioni.
A Terni merita sicuramente una visita la Basilica di San Valentino, che custodisce il corpo del Santo, vescovo della città martirizzato nel III secolo d.C., patrono degli Innamorati.
Nei dintroni, da non perdere, la Cascata delle Marmore, la più alta d'Europa, il lago di Piediluco, posto tra alture ricoperte di lecci, al confine con il Lazio, meta ideale per appassionati di velismo, canottaggio e sci acquatico. Sulle sponde del bacino si allunga il caratteristico paesino di pescatori con le case colorate, mentre dalle acque del lago si eleva un monte di forma conica noto come Montagna dell'Eco per l'eccezionale fenomeno che può ripetere fino a due endecasillabi. Le zone umide del Recentino e di San Liberatore, piccole oasi frequentate da flussi di uccelli migratori e che rappresentano un ecosistema ideale per flora e fauna.
Nelle immediate vicinanze merita una visita l'area archeologica di Carsulae, antico municipio romano sorto lungo il tracciato della via Flaminia: gli scavi e le ricerche hanno permesso di riportare alla luce una buona parte della zona del Foro, con i resti della basilica e di due templi gemelli, il Teatro e l'Anfiteatro e l'arco di San Damiano, oltre il quale si trovano dei monumenti sepolcrali molto interessanti. A fianco del Foro è stata costruita, con i materiali archeologici reperiti nella zona, la chiesa medioevale di San Damiano.
IL DIALETTO TERNANO
Stretto parente del latino e "politicamente scorretto"....
Il dialetto ternano ha tenuto immutate alcune caratteristiche e peculiarità che sono eredità del latino. Peculiarità che hanno solo il dialetto ternano, lo spoletino e i reatino. Caratteristiche come, ad esempio, il genere neutro presente nel latino e scomparso nella lingua italiana. Nel dialetto ternano le materie sono neutre, cosa che nell’italiano non lo sono più, come “il grano” come “il latte” mentre nel ternano l'articolo cambia. Per spiegare meglio l’introduzione con “Lu” riguarda delle cose determinate; “lu cane, lu fiju, lu gattu”. Quando invece si parla di materie si usa “Lo”; “Lo vino, Lo sale” oppure anche verbi sostantivati tipo “lo magnà".
Di questa parentela stretta con il latino se ne ha conferma nella terminazione in “-u” di tutti i termini della seconda declinazione latina terminano in “-us” come per esempio: porcus-porcu, frigidus-friddu, calidus-callo, mortus-mortu, fracidus-fraciu. Popolo molto disincantato il ternano ha una grande quantità di aforismi e proverbi che adesso verrebbero definiti "policiamente scorretti"...
“Lo male endra a carrettate e riscappa a once” (Il male entra in grandi quantità ed esce in piccole)
"Che pozzi fa l’urdima" (Che potessi fare l’ultima cosa o l’ultimo respiro)
AL CANTAMAGGIO TERNANO NESSUNO È STRANIERO
Rigenerazione ed integrazione, concetti universali della grande e millenaria potenza simbolica!
Espressione per eccellenza di fabrilità e segnicità, il carro di maggio veicola archetipo universali della grande potenza simbolica e comunica un concetto, quale quello della vecchia RIGENERAZIONE, comprensibile in ogni latitudine. Forse per questo, al suo passaggio, vecchi e nuovi ternani fanno festa insieme, mescolando in una notte maggiarola ad alto tasso d'amore, note, colori e sapori delle diverse tradizioni.
TERNI - UMBRIA Region - ITALY